venerdì 9 gennaio 2009

Identità cottolenghina

SOCIETA’ DEI SACERDOTI DI SAN GIUSEPPE BENEDETTO COTTOLENGO
(COTTOLENGHINI) S.S.C.


1. La comunità dei sacerdoti di san Giuseppe Cottolengo ebbe inizio di fatto nel 1839 quando il santo, prete e canonico dell’arcidiocesi di Torino, cominciò a radunare attorno a sé alcuni sacerdoti e ad avviare al sacerdozio alcuni giovani accolti nella Piccola Casa della Divina Provvidenza da lui fondata a Torino nel 1832 per l’assistenza a persone povere, malate e abbandonate.
Questa comunità di sacerdoti venne istituita dopo che il Cottolengo aveva già fondato la comunità delle Suore e dei Fratelli nella stessa Piccola Casa della Divina Provvidenza.
La comunità venne denominata "Congregazione dei Preti della SS. Trinità", detta anche “Congregazione dei preti secolari della SS. Trinità in servizio dei poveri". Ad essa il Cottolengo non diede regole particolari se non il servizio alla Piccola Casa e alcune norme disciplinari.
La comunità ebbe sempre una consistenza piuttosto esigua ed era composta di sacerdoti diocesani, incardinati nelle rispettive diocesi, al servizio della Piccola Casa alle dipendenze del superiore che era il Padre della Piccola Casa.
2. Tale situazione durò fino al 1969 quando la Congregazione dei religiosi costituì la comunità dei sacerdoti della Piccola Casa in Società clericale di vita comune senza voti di diritto pontificio, oggi società di vita apostolica.
I sacerdoti non emettono voti, ma la promessa di obbedienza al Superiore generale. Oggi i membri della SSC sono una cinquantina, presenti in Italia, Kenya, Tanzania, India ed Ecuador.
3. Il sacerdote cottolenghino fa proprio il carisma del Cottolengo sintetizzato dal santo con le parole di san Paolo “Caritas Christi urget nos” (2Cor 5,14), dedicando la sua vita ai poveri della Piccola Casa della Divina Provvidenza. In tal modo egli, come il Santo Fondatore, intende “tutta la sua vita natural durante ogni cosa… unicamente, ed irrevocabilmente consecrarla a gloria solo di quel grande Iddio, di Cui meramente cerca seguirne la volontà, e ad Esso poi renderne Conto”.[1]
Tutto ciò, secondo l’insegnamento del successore del Fondatore, richiede “anzi tutto che [il sacerdote] per fare il gran passo alla Piccola Casa sia tratto dal solo amore di Dio, e del Povero, coll'unico sincero intenso desiderio di niente altro voler ricercare se non la gloria di Dio e gli interessi dell'anima sua”.[2]
Inoltre il Cottolengo "diceva che gli stava bensì a cuore di sollevare i poveri nei bisogni corporali, ma che più di tutto gli stava a cuore di liberarli dalle miserie dell'anima".[3]
Guidato da questi insegnamenti il sacerdote cottolenghino è chiamato a esercitare la sua carità pastorale verso gli ospiti della Piccola Casa dovunque essa si trovi, come pure verso i fratelli e le suore che insieme con lui vivono e testimoniano il carisma del Fondatore, in modo da realizzare quanto il Cottolengo desiderava e cioè “d'instillare negli animi e far capire ad ognuno quanto bella cosa fosse dar continuamente gusto a Dio”.[4]
Siccome secondo il Cottolengo “ogni servizio ai fratelli deve nascere da un costante e profondo contatto con Dio,[5] il sacerdote cottolenghino fa proprie le esigenze ascetiche e spirituali vissute e chiaramente inculcate dal Fondatore che possono essere individuate essenzialmente nell’abbandono alla Divina Provvidenza, nel “distacco da tutto il creato”, nell’essere “di buon conto con Dio” e nella fraternità cottolenghina come conseguenza del servizio caritativo e come riconoscimento della dignità di ogni persona accolta nella Piccola Casa.[6]
Lino Piano
-------------------------------------
[1] Carteggio di San Giuseppe Cottolengo, I, p. 337.
[2] Raccolta delle Regole delle Famiglie religiose della Piccola Casa della Divina Provvidenza anteriori all’approvazione pontificia, edizione con annotazioni storico-critiche a cura di Lino Piano, Torino 2000, p. 619, art. 3.
[3] Suor Genoveffa Pregno, PO, sess. 198: ASV, FR, vol. 3910, f. 1077.
[4] Suor Arcangela Cavallero, PO, sess. 407: ASV, FR, vol. 3912, f. 2102s.
[5] Messaggio del Papa per il 175° dell’ispirazione carismatica della Piccola Casa, p. 9.
[6] Cf. E. Mo, Elementi originali della comprensione del mistero di Cristo nel carisma cottolenghino in Spiritualità cottolenghina, Atti del Convegno, 5-6 ottobre 2002, p. 69-71.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Piange il cuore vedere che sono sempre di meno queste pietre preziose che lastricano e rendono meno faticoso il percorso della sofferenza umana. Quali siano i disegni di Dio non lo sappiamo ma certamente lasciano anche un po' di amaro in bocca. Meno male che non finisce tutto qui.

Anonimo ha detto...

E se il Signore ci chiedesse di dare più spazio ai laici, ad una maggiore corresponsabilizzazione? Certamente non farà mancare il giusto necessario ad una grande famiglia come quella Cottolenghina se sarà anche fedele al suo fondatore. Così vale per tutte le altre famiglie religiose. Così è anche per i sacerdoti, pochi ma necessari per il compimento del sacrificio sull'altare. Non dimentichiamo poi che non ci saranno releigisi e sacerdoti santi e buoni se non ci saranno anche delle buone famiglie. La radice è importante1